Impianti a Gas: Delibera 40-2014 (Parte 2)
Focus sulla verifica di compatibilità degli impianti ad utenza gas
Riprendiamo l’approfondimento sulla Delibera 40/2014 ed in particolare analizziamo il significato di “verifica di compatibilità”.
Premesso che quando l’installatore opera su un impianto esistente o su un impianto eseguito in parte, rilasciando la dichiarazione di conformità dichiara che il lavoro eseguito è compatibile ai fini della sicurezza con quanto già esistente, precisando che non diventa responsabile per errori commessi da altri operatori, ma diventa responsabile per non averli individuati e di aver lasciato o rimesso in servizio un “impianto pericoloso”. Quindi l’assenza totale, parziale o erronea compilazione delle dichiarazioni di conformità precedenti, non lo esime dalla verifica di compatibilità.
Di conseguenza, l’installatore per gli impianti in servizio può effettuare la verifica di compatibilità conformemente a quanto indicato dalla norma UNI 10738 che stabilisce i criteri per verificare la sussistenza dei requisiti di sicurezza degli impianti domestici e similari per l’utilizzazione dei gas combustibili, al fine di stabilire se l’impianto gas verificato può continuare ad essere utilizzato nello stato in cui si trova, senza pregiudicare la sicurezza a cose persone e animali.
In alternativa, per gli impianti soggetti ad accertamento documentale è possibile utilizzare il Rapporto Tecnico di Compatibilità (R.T.C.) di cui alle Linee Guida C.I.G. n.° 11, sia per impianti domestici e similari, sia per impianti extradomestici normati dalla UNI 11528.
Sulla base di quello che abbiamo appena detto possiamo vedere come la Delibera 40/2014 sia strettamente legata alle Linee Guida C.I.G. n.° 11 che contengono oltre alla modulistica R.T.C. e D.P., i criteri standard per l’effettuazione degli accertamenti documentali relativi a:
- agli impianti di utenza nuovi;
- agli impianti di utenza modificati o trasformati.
Occorre evidenziare che l’accertamento documentale è relativo al solo aspetto “sicurezza gas”, quindi:
- la corretta applicazione della normativa e legislazione vigente;
- la rispondenza ad altre disposizioni di legge applicabili all’impianto.
Possiamo quindi affermare che l’accertamento è suddiviso in tre fasi, analizziamole insieme:
- verifica della completezza della documentazione presentata;
- verifica della congruità della documentazione presentata:
- gli allegati H-40 e I-40 devono essere compilati in tutte le loro parti e firmati;
- tutti gli allegati obbligatori previsti devono essere presenti, unitamente ove necessario alla D.P. e all’R.T.C.;
- la visura camerale, o certificato di abilitazione, deve essere stata rilasciata non più tardi di un anno dalla data riportata sull’allegato I-40, altrimenti è richiesta l’autocertificazione.
- accertamento vero e proprio di:
- allegati tecnici obbligatori alla dichiarazione di conformità;
- Dichiarazione del Progettista, D.P.;
- Rapporto Tecnico di Compatibilità, R.T.C.;
- visura o certificati che semplicemente vengono recepiti dopo aver verificato che sono relativi all’impianto e alla ditta trattata.
L’esito dell’accertamento eseguito prevede tre giudizi: a norma, fuori norma o non verificabile. Chiaramente per le casistiche fuori norma e non verificabile, l’esito dell’accertamento è da considerarsi negativo.
L’impianto deve prevedere almeno un apparecchio e quindi tutte le informazioni relative ad esso:
- alimentazione;
- locali di installazione;
- aerazione;
- eventuale ventilazione;
- sistema di evacuazione dei prodotti della combustione.
È bene ricordare che nel caso di impianti nuovi o modificati, è sempre richiesta la prova di tenuta che deve dare esito positivo.
In tutti i casi in cui sia presente un progetto redatto da un professionista, bisogna allegarlo alla documentazione e l’installatore dovrà solo comunicare eventuali variazioni in corso d’opera.
Si precisa che secondo il D.M. 37 del 22 gennaio 2008, è previsto l’obbligo del progetto redatto dal professionista nei seguenti casi:
- impianto con portata termica totale superiore a 50 kW;
- canne fumarie collettive ramificate;
- camino o canna fumaria asservito ad apparecchi di portata termica complessiva superiore a 50 kW;
- materiali o componenti non normati nel territorio nazionale, ma il cui uso è legalmente consentito in uno stato aderente all’accordo S.E.E.
Con un prossimo focus andremo a concludere l’approfondimento della Delibera 40/2014.